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I.

Il 4 di settembre partimmo da Palermo a cavallo, il mio compagno di viaggio ed io, per recarci all’antica Agrigento ora Girgenti. Giuseppe Campo, nativo dell’antica città saracena di Misilmeri, e la migliore guida di Sicilia, ci aveva procurati due buoni muli, e cavalcava desso il terzo che portava pure i bagagli. Faceva una giornata stupenda, ed oltrepassato Monreale ci trovammo in una contrada montuosa, deserta, dove non incontrammo altr’anima viva che le aquile di Giove, le quali o ci guardavano d’alto in basso tranquille e silenziose, o descrivevano per aria le loro larghe spire. Camminammo per tal guisa alcune ore finchè ci si presentò agli sguardi la pianura di Partinico e di Sala, magnifica contrada, presso il golfo di S. Vito. A destra trovasi Borghetto, anticamente Hykara, patria della più bella donna della Grecia, di quelle Laide, che portarono ad Atene ragazzina, i greci guidati da Nicia.

Le linee del golfo di S. Vito sono belle e grandiose, come quelle di Cefalù, e la pianura poi, è una delle più fertili della Sicilia, lussureggiante di vegetazione, al punto di ricordare i tropici. Sostammo nel piccolo villaggio di Sala, quindi risalimmo a cavallo traversando regioni fertilissime coltivate ad oliveti e da vigneti, per arrivare ad Alcamo città posta sui monti. A misura ci avanzavamo il paesaggio diventava più grandioso, assumeva quasi carattere greco, co’ suoi monti di belle forme, di linee graziose, di tinte calde, rosse, o verde cupe. L’autunno rende più serio il carattere di quella contrada, e vi contribuiscono i pini giganteschi, i cipressi malinconici, le palme eleganti, e gli aloe coi loro alti fusti in fiore. Tutto qui è monocrono, bruno su bruno, e si osserva qui con stupore quanto possa produrre la natura con una tinta sola.