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neralmente sotto il nome di libro del re Ruggero, un estratto della quale sotto il titolo di Geographia Nubiense, venne stampato ripetutamente a Roma, a Parigi, e per ultimo a Palermo nel 1790,
La divisa che Ruggero portava scritta sulla lama della sua spada, era caratteristica della sua indole. Apulus et Calaber, Siculus mihi, servit et Afer.
Fu successore a Ruggero Guglielmo I, per le sue pessime qualità denominato il Malo; era l’unico figliuolo sopravvivente a Ruggero, imperocchè gli altri quattro Ruggero, Anfuso, Tancredi, ed Enrico, avevano tutti preceduto il padre nella tomba. Fu sorprendente la rapida decadenza di una stirpe cotanto virile e cotanto numerosa. In pochi anni sì ridusse ad un unico discendente collatterale, ed anche il regno di Sicilia decadde rapidamente dalla grande altezza a cui aveva saputo Ruggero sollevarlo. Morto che fu desso, si dovette riconoscere che tutta la forza del regno novello, riposava unicamente sulla sua persona. Sotto il governo di Guglielmo il Mato, non tardò la Sicilia a ricadere in tali condizioni da ricordare gli emirati dei Saraceni, sotto l’influenza di un favorito del re, avventuriere straniero al paese, il grande ammiraglio del regno Majone di Bari, il quale attentò alla corona; non vi furono che congiure, rivoluzioni di palazzo, ribellione dei nobili, disordine, confusione in ogni cosa. L’odioso re Guglielmo dopo una vila travagliata, e non senza qualche successo in guerra, morì nel 1166 in età di quarantacinque anni.
Nella persona di suo figliuolo Guglielmo II detto il Buono, salito al trono in età di soli undici anni, si estinse la linea diretta della stirpe normanna. I primi anni di regno dei giovane re furono agitatissimi, quanto era stato il regno tutto di suo padre, a motivo delle contestazioni per la tutela, delle ribellioni dei baroni, e degl’intrighi di corte. I Normanni avevano saputo conquistare il regno bellissimo, ma non vi si seppero mantenere. Decaddero, non sì tosto il clima ed il lusso orientale vennero ad indebolire la loro forza originaria nordica, ed infine si ruppero
F. Gregorovius. Ricordi d’Italia. Vol. II. | 16 |