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leria, ed andò soggetta a tali rovine ed alterazioni, in guisa che poco si può conoscere più delle sue interne disposizioni. All’esterno è un edificio quadrato, regolare, costrutto con pietre ben lavorate, di buone proporzioni, diviso da archi, e da finestre in parte finte e dirette unicamente a servire di ornamento, secondo la moda araba. Sulla cornice in cima all’edificio, si scorge tuttora una iscrizione araba che però non si può più dicifrare. L’interno fu completamente devastato, ed in parte ridotto a diversa forma in tempi posteriori; soltanto nella sala centrale, che doveva in origine essere sormontata da una cupola, si scorgono alcuni avanzi di pitture, e di bellissimi rabeschi in istucco.
Bocaccio collocò in questo palazzo la scena della quinta novella della sesta giornata del suo Decamerone, e lo storico Fazello ne descrisse la magnificenza. Tolse la descrizione della Cuba da scrittori più antichi, imperocchè già nel secolo XVI era quel castello rovinato. «Unito al palazzo, dice egli, trovasi fuori delle mura della città verso ponente un pomario di due mille passi di circuito, all’incirca, donominato parco, ossia Circo reale. In questi giardini crescono la piante le più preziose, ravvivato da acque perenni. Sorgono qua e là cespugli di alloro, e di mirti odorosi. Si stendeva colà dall’entrata all’uscita un lungo portico, con parecchi padiglioni aperti di forma circolare, destinati a sollazzo del re, uno dei quali esiste tuttora oggidì, in buono stato. Nel mezzo trovasi una grande vasca, formata di antiche pietre regolari, connesse poi con una maestria singolare, ed in quella si mantenevano pesci vivi. La vasca esiste tuttora, ed abbastanza in buono stato, ma vi mancano non solo i pesci, la stessa acqua. Su questo pomario sorgeva, quale si può vedere oggidì tuttora, il palazzo stupendo del re dei Saraceni, in cima al quale si scorge un’iscrizione araba, che nessuno fu capace fin qui di spiegarmi. In un’ala di quello, si mantenebano per sollazzo fiere, ed animali selvaggi di ogni specie. Se non che oggi trovasi tutto rovinato, ed i giar-