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monti di questa non offerivano le agevolezze che porgevano in Ispagna i Pirenei.

Mentre pertanto si sollevarono i Mori in Ispagna ad uno splendore che abbagliò l’Europa tutta quanta; mentre pertanto seppero illustrare il loro regno, con monumenti stupendi di architettura, e con una coltura scientitica, la quale regnò un’epoca nella civiltà Europea; mentre poterono dessi in quella mantenersi per ben settecento anni, non riuscirono per contro gli Arabi in Sicilia, durante i duecento anni della loro dominazione, ad uscire da uno stato tumultuario di dominazione passeggera. Ad onta della opinione dei Siciliani d’oggidì, i quali gettano in certo modo uno sguardo di compiacenza romantica sul periodo della dominazione araba nell’isola, si può ritenere che il regno dei grandi emiri di Sicilia, non differisse gran che dagli stati barbareschi d’Africa.

I Saraceni dei resto non erano punto rozzi, nè barbari. Dessi presero parte tutti alla coltura scientifica dell’Oriente, la quale si era sviluppata con una grande rapidità. La poesia, le arti, le scienze dell’Oriente, gettarono pure le loro radici nell’antico suolo dorico della Sicilia. La storia odierna della letteratura dell’isola accolse pure gli Arabi Sicoli nel catalogo dei suoi scrittori, formato dall’Amari. Ma noi daressimo volontieri tutti quei verseggiatori coi loro nomi pomposi, per la sola storia araba di Sicilia, di Ibn Kalta, la quale pur troppo andò perduta, e per queste rinuncieressimo pure al Divano di Ibn Hamdis di Siracusa.

I ricordi più importanti, e gli unici che tuttora sussistono della loro presenza in Sicilia, son quelli della loro architettura Kairewan, d’onde erano venuti, era rinomata per la sua moschea, fondata da Akbah nel secolo VII, e quale sede del califato di quelle contrade, doveva contenere notevoli edifici. Di là portarono gli Arabi il gusto della buona architettura, ma non costrussero però nell’isola edifici ragguardevoli, come fecero i Mori in Ispagna. Non abbiamo memoria di veruna bella moschea in Palermo,

F. Gregorovius. Ricordi d’Italia. Vol. II. 15