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davanti alla città col bottino raccolto a Siracusa, i loro correligionari loro andarono incontro, cantando inni di vittoria; si sarebbe detto, scrive il monaco, che colà si fosse dato appuntamento tutto il popolo d’Islam, da oriente a ponente, da settentrione a mezzogiorno. I prigionieri furono condotti davanti all’Emir, il quale era seduto in terra, ed aveva aspetto di compiacersi sommamente del suo potere dispotico. Mosse rimprovero all’arcivescovo del disprezzo nudrito dai Cristiani per Maometto, rimprovero a cui il prelato rispose colla risoluzione e coll’energia di un martire. Furono quindi, l’arcivescovo ed il monaco portati in carcere, e si fu in questo che la lettera venne scritta.

Il primo agosto del 901 si arrese pure Taormina, e da quel momento tutta quanta la Sicilia rimase soggetta alla signoria della mezza luna. L’isola ebbe da quel punto leggi maomettane, lingua araba, costumi arabi. La Sicilia, la quale aveva dato a Roma ben quattro Papi (Agatone nel 679, Leone II nel 682, Sergio nel 687, e Stefano III nel 768) correva oramai pericolo di andare perduta per la Cristianità, tanto più che gli Arabi non si comportavano in modo fanatico, ma si sforzavano piuttosto nell’indurre i Siciliani ad abbracciare la religione di Maometto. Albufeda narra, che Achmed governatore dell’isola nel 939 portò seco in Africa trenta giovani nobili siciliani, e li costrinse ad abbracciare l’Islamismo. Parecchie chiese però, e monasteri furono distrutti; molte corporazioni religiose furono soppresse, altre ottennero tolleranza, mediante il pagamento di ragguardevoli tributi, e riuscirono a mantenersi sotto la dominazione eziandio degli Arabi. Allorquando i Normanni vennero in Sicilia, trovarono valido appoggio dai Cristiani in Val Demone, e nel Val di Mazzara, e trovano parimenti in Palermo un vescovo greco, Nicodemo, il quale compiva al suo ufficio nella chiesa dì S. Ciriaco.

La signoria degli Arabi fu del resto, secondo la natura di quel popolo, irrequieta ed agitata, e mentre all’estero