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piccole e basse quanto quelle di Pompei; le stanze vi sono così anguste, che a mala pena possono comprendere quattro persone. Alla tavola della locanda, il padrone di questa ci girava attorno con un ventaglio in mano, facendoci aria, cacciando le mosche, e narrando nel suo dialetto una quantità di storie, parlando sovratutto della fabbricazione dei maccheroni, industria generale della riviera di Amalfi, la quale ne provvede tutto il regno di Napoli.
Partimmo da Minori ancora nelle ore calde del pomeriggio, e girato che avemmo un promontorio, ci trovammo di fronte ad Atrani, il quale è separato da una rupe gigantesca da Amalfi. La posizione di Atrani è imponente. Sorge a foggia di piramide sulla riva del mare, che in quel punto è altissima, scendendo il monte a picco in quello. L’architettura delle case, fornite quasi tutte di logge, produce aspetto piacevolissimo, ed il bianco delle mura si stacca sul tondo nero della rupe. Si apre questa vicino al paese, dando adito ad una valletta verde, ed alla sommità di questa si presenta il paesello di Pontone. Le falde di quei monti sono rivestite tutte di pini marittimi, e sulle loro sommità, sorgono qua e là antiche torri e castelli. Si scorgono tutt’intorno villaggi, dove sarebbe faticoso il doversi arrampicare, i quali giacciono, anche i più alti, fra le vigne ed i castagneti. Oltre Pontone, trovansi, superiormente ad Atrani, Minuto, Scala e Ravello.
Quest’ultimo è particolarmente notevole per i ricordi dei Saraceni. Vi si sale da Atrani per una strada ripida, faticosa, ma romantica, attraversando gallerie coperte, e camminando fra vigneti, castagneti e boschi di carubbe. A misura che si sale, la vista del mare si fa più bella. Dalla cima di rupi nere, coronate da torri, si getta lo sguardo sull’azzurro dello onde che si direbbero sgorgare dalla gola di Pontone. Si hanno al disotto verdeggianti pendici, seminate di case, dove per buona sorte gli abitanti non hanno ora a temere più le scorrerie dei Saraceni.
Arrivammo al monastero abbandonato delle Clarisse, e trovammo ivi le prime traccie dell’architettura moresca.