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cano, per visitare il suo cratere. Avevo udito ripetere le molte volte, che l’ascensione del Vesuvio fosse molto più faticosa di quella dell’Etna, ma dopo avere fatto di poi anche quest’ultima, sono in grado di accertare che lo arrampicarsi sul Vesuvio non è che una semplice passeggiata, paragonata agli sforzi che costa l’ascensione delEnta, sovratutto per la grande rarefazione dell’aria, e per le continue emanazioni di gaz, in quel suolo caldo e vacillante; ed anzi, dopo avere camminato a lungo in quei neri campi flegrei dell’Etna, i quali non hanno mai fine; questo Vesuvio che pure ha consumato popoli e città, non pare più che un fuoco d’artificio, destinato al divertimento dei Napoletani. Non si può negare però, che nella sua piccolezza il suo cratere dà una idea più viva, più animata delle regioni infernali, che non il cratere dell’Etna.
Faceva una bellissima notte quando scendemmo dal Vesuvio; il sole era scomparso in mare dietro l’isola di Ponza; a misura che crescevano le tenebre si andavano illuminando Napoli, e le città dei piani della Campania, e l’azzurra volta del cielo era rischiarata dalla cometa nunzia di guerra, spettacolo grandioso, che profondamente commuoveva l’animo già colpito dallo aspetto del volcano.
V.
Mi si era parlato a Napoli della festa di S. Paolino a Nola, quale meritevole di essere vista. Mi si assicurava che accorrevano a quella tutte le popolazioni della Campania, porgendo uno spettacolo che non ha l’uguale. Mi portai pertanto colà il 26 giugno, bramoso pure, d’altra parte, di conoscere Nola, la quale ha più di un ricordo storico. Marcello aveva fatto toccare la prima sconfitta ad Annibale alle porte di quella città; ivi era morto l’imperatore Augusto; ivi Tiberio era salito all’impero. È noto