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l’Uovo, il quale può ritenersi per uno degli edifici più antichi di Napoli, ripetendo la sua fondazione da Lucullo, ed essendo morto nella sue mura Romolo Augusto, ultimo imperatore Romano. Federico II lo ultimò nel 1221 senza pensare per certo che sarebbe stato quello il carcere degli ultimi suoi discendenti, imperocchè dopo la infelice battaglia di Benevento, dove re Manfredi perdette il regno e la vita, languirono parecchi anni in quelle mura i suoi disgraziati figliuoli; e l’unica sua figliuola, Beatrice, andò debitrice della sua liberazione al Vespro Siciliano. Correva il 5 giugno 1284, quando i Siciliani, sotto il comando del grande ammiraglio Ruggero Loria, sostennero la rinomata battaglia navale in vista di Napoli. La flgliuola di Carlo d’Angiò ne fu spettatrice dai merli del castello, attendendone ansiosamente l’esito; e con non minore ansietà dovette contemplarla dall’inferiata della sua prigione, la figliuola infelice di Manfredi, la principessa vide la flotta napoletana prima piegare, quindi sbaragliata, e posta in fuga; suo fratello Carlo fu preso prigioniero, due galere siciliane vennero a gettare l’àncora davanti al Castello, e Loria richiese gli venisse consegnata tosto la figliuola di Manfredi, minacciando in caso di rifiuto, far decapitare il figliuolo di Carlo d’Angiò, a bordo del suo legno in vista di tutta Napoli. La prigioniera venne tratta dal carcere, e fu consegnata ai Siciliani. Riacquistò la libertà dopo ben diciotto anni di cattività, tutta la sua giovinezza era trascorsa in prigione. Venne condotta in trionfo a Messina dove Costanza, moglie di Pietro d’Aragona, sua sorella l’accolse nelle sue braccia, come una morta che fosse risorta.

In quel castello pure finirono la loro vita, i figliuoli di Manfredo.

Il Castello nuovo è ancora più imponente, ed il più grande monumento d’architettura di Napoli. Trovasi in quella il bell’arco di trionfo che Alfonso I di Napoli vi fece costrurre nel 1470 sui disegni di Giuliano da Murano, o secondo quanti altri sostengono, di Pietro di Mar-

F. Gregorovius. Ricordi d’Italia. Vol. II. 12