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piazza stava suonando un banda musicale, vestita in modo abbastanza ridicolo, e si gridava Viva il Re! La banda si mosse, ed andò fare accoglienza solenne al giudice, il quale prese posto dietro quella non già rivestito della toga color di porpora, ma in abito nero e guanti gialli, fiancheggiato dal sindaco e dal primo eletto, i quali parevano felici del loro abito nero e dei loro guanti gialli dessi pure. Si gridò di bel nuovo «Evviva il Re!» ed il corteggio si portò alla cattedrale. Alla sera vi fu musica, o per parlare con più esattezza chiasso diabolico sulla piazza, al quale si dava nome di concerto; vi furono parimenti fuochi artificiali, o per dir meglio razzi e mortaretti, come nelle feste di chiesa.

Non voglio poi dimenticare che Arpino vanta ancora una celebrità moderna, un pittore, Giuseppe Cesari, conosciuto sotto il nome del cavaliere d’Arpino. Al pari di Cicerone e di Mario andò a Roma per farvi fortuna, ed ivi dipinse, fra le altre cose, la grande sala nel palazzo dei Conservatori, dove rappresentò a fresco fatti della storia romana; le sue pitture murali, pregevoli particolarmente per il colorito, sono ritenute fra le migliori del fine del secolo XVI. La cattedrale di Arpino possiede una bella Madonna, del suo penello.

Partii di Arpino in un curricolo, per recarmi a Montecassino. La strada sale per una collina coltivata tutta ad olivi. Si gode la vista del finitimo territorio romano, ombreggiato qua e là da pioppi, e si passa a fianco dell’alto e pittorico Monte S. Giovanni. La regione montuosa a sinistra, è poco meno che deserta; di quando in quando si scorge una antica torre del medio evo, come quella di Montenegro, od un antico castello come quelio di Santo Padre. Si arriva sopra un’altura imboschita, che divide le acque del Liri da quelle della Melfa, e si passa in vicinanza di Fontana e di Arce, senza però toccarle.

Quest’ultimo ha propriamente l’aspetto di una fortezza inespugnabile, e tale difatti era ritenuta durante il medio evo; però si arrampicarono colassù, e se si impadronirono i