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nemico, ma si parlava di Vittorio Emanuele e di Garibaldi. Correvano le notizie le più strane, le più contradditorie; gli uni assicuravano che Garibaldi si trovasse di già negli Abruzzi, gli altri che i Francesi fossero in marcia verso Ceprano. La completa segregazione di Napoli, la mancanza di giornali, di ogni mezzo di publicità, favorivano la diffusione di tutte quelle voci, tanto più che tutti quegli apparecchi, accennavano positivamente a probabilità di guerra.

Nel proseguire il mio viaggio, incontrai Wuppe per ogni dove, e durai fatica a prestar fede a miei occhi, allorquando nel tornare di Arce presso al ponte di Ceprano, trovai stabiliti sulla strada gli avamposti, come se il nemico fosse stato difatti già alla frontiera. I Romani ridevano di cuore di tutto quello apparato di guerra. «Non vi potete fare una idea, mi si diceva in Ceprano, della paura che i Napoletani hanno di Garibaldi; giorni sono abbiamo avuto qui una festa di chiesa, e come si suole dovunque, abbiamo sparato alcuni mortaretti, e lanciato alcuni razzi, e sapete che cosa furono capaci di fare questi Napoletani? Presero a tremare, ed a dare nei tamburri in Arce, ed Isola» — «Che cosa ve ne pare, mi disse un altro, di questi Napoletani? Se potessimo disporre di cinquecento uomini soltanto, arriverebbero senza intoppo fino a Napoli ma bisognerebbe che fossero buoni parlatori; sapete!» frase quest’ullima perfettamente italiana, e la quale vale a dare una giusta idea della natura delle persone.

I militari intanto avevano presa stanza nei loro quartieri, ed io mi posi per istrada onde recarmi alla patria di Mario. Il curiccolo che mi portava correva a precipizio, ed anzi presso al ponte atterrò una povera donna, la quale per buona sorte non ebbe altro danno che lo spavento, ed il mio auriga continuò a sferzare maledettamente il suo ronzino. Per andare da Sora ad Arpino, conviene passare di bel nuovo presso ad Isola; prendemmo colà due signori di Arpino, i quali lungo la strada furono molto loquaci, evitando però parlare di politica, ma ap-