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Non ricordo avere visto in Italia edificio di stile gotico, di tanta bella semplicità. La navata di mezzo ha sette archi a sesto acuto, sostenuti da fasci di colonne; al quinto arco trovasi la cancellata, la quale divide il grazioso coro. Al di là di quella non eravi nessuna statua, nessun ornamento bizzarro; unicamente a fianco dell’altare due grossi vasi con due piante di amaranto in piena fiorittura, ed è facile comprendere quanto si addicessero queste alla lindura ed alla semplicità elegante della chiesa.

Questa soltanto al monastero è di stile gotico puro; le altre parti di esso sono invece di stile romano pesante. La corte è un ampio quadrato, con archi semigotici, interrotti a metà da due colonne, e non è punto bella. La sala del capitolo è di un genere strano. Il gotico di essa volge allo stile moresco. La vôlta è sostenuta da fasci di otto colonne addossate alle pareti, da cui partono archi a sesto acuto, e l’impiego alternato nella costruzione di pietre bianche e nere, accresce l’originalità del colpo d’occhio.

Non vidi che pochi monaci, i quali passeggiavano silenziosi su e giù nell’interno del monastero, e che non mi volsero la parola. Un frate laico mi recò un bicchiere d’acqua, e sentendo che venivo di Roma, mi domandò che cosa vi fosse di nuovo colà, e dove si trovasse Garibaldi. Il nome longobardo di questo prode capitano del popolo, risuona sopra ogni bocca al confine del regno di Napoli, come tanti secoli sono vi risuonarono quelli parimenti longobarbi dei duchi Garibaldo, Grimoaldo, Romoaldo e Gisolfo di Benevento. La figura di lui, popolare anche colà dove eccita timori a vece di speranze, pare avere un’influenza propriamente magica, e non dovevo tardare ad averne la prova sul Napoletano. Nel medio evo correvavo in queste parti i nomi di Nicolò Piccinnino, di Fortebraccio da Montone, di Sforza, di Attendolo, e di altri capitani di ventura diventati famosi per cento scorrerie, battaglie, e conquiste di città. In sostanza però non erano quelli che arditi briganti, ed i loro fatti d’armi erano la peste la più obbrobriosa d’Italia; mentre l’eroe attuale del popolo, Ga-