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o ad un convento, coltivando col sudore della sua fronte la vite, l’olivo, il gran turco, e la sua condizione non è punto mutata, tuttochè non sia più propriamente servo della gleba. Quando si vuole attribuire la spopolazione dei dintorni di Roma all’influenza della mal’aria, la quale non è però la sola causa di quella, si trova che questa regione non vale per il Lazio, regione saluberrima. Fa senso percorrere una contrada la quale in distanza appare allo sguardo come un eliso, e non trovare poi che un deserto pittorico con poco gran turco qua e là, sugli aridi campi del quale, popolati unicamente di ginestri e di asfodelo, svolazzano descrivendo ampi circuiti gli uccelli di rapina. Si prova stupore di non trovare una popolazione attiva ed agiata, città fiorenti, e di non iscorgere che alcuni gruppi qua e là di case meschine sulle alture. Gli abitanti del Lazio, bella, buona, e forte razza d’uomini, sono rimasti in uno stato prettamente primitivo; il loro modo di vivere i loro costumi, i loro bisogni non hanno subita mai la menoma variazione, e se uno dei loro antenati tornasse al mondo, non troverebbe forse null’altro di nuovo nel proprio paese, che l’uso del tabacco, degli zolfanelli fosforici, e della polvere da fuoco. Tutti quei castelli Veroli, Pofi, Arnara, Bauco, Ripi, risalgono alla più remota antichità. Si trovano menzionati nei documenti dei secoli IX, X con i loro nomi attuali, colle stesse chiese, con i loro conti e giudici, e per lo più di stirpe Longobarda, e non sarei in grado di citare un luogo, il quale fosse di fondazione posteriore.

Il sole del pomeriggio splendeva tuttora ardente su quegli aridi campi, allorquando mi posi per una strada orribile, per un sentiero a mala pena praticabile ai cavalli, affine di errivare al monastero di Casamari. Entrai in una corte deserta, dove già si trovava una compagnia di persone venute da Veroli, e fra queste alcune ragazze elegantemente vestite, le quali stavano ballando e scherzando, producendo una grata sensazione in quella solitudine. Si sarebbero potuto paragonare ad un volo di uccelletti gar-