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abbia abbandonata quella sua antica stanza? Che si sia portata a Ninfa? Che sia diventata regina dell’edera? Trovasi questa in tanta quantità quivi, che ve ne sarebbe abbastanza per rivestire tutte le rovine storiche di questo suolo d’italia, cotanto ricco di memorie antiche.
Sarebbe pur bello sedere qui alla sera, quando il sole sul tramonto tinge tutte queste rovine prima di colore purpureo, quindi di colore d’oro; che dire poi dell’aspetto magico che devono presentare desse al chiarore della luna!
Scaturisce dello stagno il rivo Ninfeo, che pare avere ivi la sua origine, e che porta alquanto di vita in questa morta regione. correndo rapido e romoroso lungo le rovine, quasi avesse premura di sottrarsi a questo aspetto di morte, agli abbracciamenti dell’edera che tutto invade, di attraversare le paludi pontine, e di arrivare al mare. Desso dà moto ad un molino eretto in un edificio, il quale deve risalire al medio evo, essendo di stile gotico-romano, colle finestre a colonnette. Un’iscrizione che si legge sulla porta di esso, indica che il molino e la strada aderente furono opera di Francesco Gaetani, duca di Sermoneta e signore di Ninfa, nel 1763.
La storia di questa città meravigliosa è abbastanza oscura. Nel secolo XII apparteneva dessa ai Frangipani; l’illustre Papa Alessandro III fu qui eletto nel dì 20 settembre 1159. La famiglia Gaetani acquistò il possesso di Ninfa sul finire del secolo XIII e lo tiene tuttora oggidì. Gli archivi dei Gaetani in Roma contengono parecchi documenti, i quali provano che Pietro Gaetani, conte palatino lateranense, conte di Caserta e nipote di Bonifacio VIII acquistò poco a poco le case ed i terreni di Ninfa, da coloro che prima li possedevano. Provai un vero piacere nel leggere quelle antiche pergamene, stupendamente scritte, le quali mi riportavano con tanta evidenza ai tempi in cui vennero dettate. Non ho trovato alcun titolo posteriore al secolo XV ma trovai un atto, stipulato ancora il 22 febbraio 1349 nel castello feudale che ora giace rovinato. Vi si legge: Actum Nimphe in scalis palatii