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vamo a tavola, e che le voci Grazia! Grazia Madonna! presero tutto ad un tratto ad echeggiare di fuori «a che disturbare in questa guisa i santi in cielo? li seccano per modo, che finiranno per impuntarsi e per non lasciare piovere più!» Tutta questa ansietà aveva finito per commuovere me pure, e non desideravo la pioggia meno degli altri; visitavo parimenti ogni giorno i campi di gran turco; erano prossimi a volgere a rovina. Finalmente si portò in processione S. Antonio di Padova, e mentre lo si riconduceva al convento di S. Pio, di dove era uscito, un frate agostiniano predicava sulla gradinata al di fuori della chiesa al chiarore delle fiaccole. Le strade erano gremite di popolo, gli uditori si erano persino arrampicati sugli alberi; era uno strano colpo d’occhio; il monaco che gesticolava, l’imagine del santo, le croci nere, le sottane bianche dei chierichetti, i veli rossi delle donne, la luce tremola delle fiaccole, gli alberi di tinta cupa, l’azzurro limpidissimo del cielo su quella stupenda campagna, e tutto ciò per impetrare da Dio la pioggia ardentemente sospirata! Finalmente al terzo giorno il cielo si annuvolò; il tuono si fece sentire e scoppiò un temporale di una violenza tropicale.
Sembra però che i santi al pari degli antichi Iddii, dei quali hanno tolte le veci, non intendano concedere favori senza pretendere vittime. Così pure avvenne questa volta; colla pioggia venne una tromba d’aria fenomeno stupendo che ebbi agio di osservare trovandomi fuori a cavallo. Si formò nei monti Volsci, scendendo di colore azzurro cupo, sopra la valle, e nello scoppiare, devastò con grandine una estensione notevoli di vigneti. Dopo d’allora, quasi ogni giorno nel pomeriggio, scoppiava un uragano nei monti, con grande accompagnamento di lampi e di tuoni, ed allora si ponevano in moto tutte le campane di tutte le chiese. Un giorno tutto il paese fu sottosopra; tutta la popolazione si riversò nelle strade; correva voce che quattro persone fossero state colpite dal fulmine, e disgraziatamente la voce non tardò a confermarsi. I morti