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mosaico degno di essere paragonato a quello scoperto a Pompei, e conosciuto sotto il nome di battaglia di Alessandro. Rappresenta scene di Egitto di genere campestre e religioso; gruppi di sacerdoti, di sacerdotesse, di sacrificatori, di guerrieri, di pescatori, di pastori, di cacciatori; come parimenti tempi, case di campagna, ed animali, eseguito il tutto con somma maestria. Pare risalga ai tempi di Silla al quale lo si volle attribuire, od a quelli dei primi imperatori. Fu scoperto questo stupendo capolavoro nell’anno 1638 fra le rovine del tempio della Fortuna, dove pare servisse di ornamento ad una edicola. La famiglia Barberini lo aveva fatto trasportare nel suo palazzo a Roma, ma lo restituì di poi a Palestrina, per aderire alle preghiere degli abitanti, a cui troppo doleva fosse la città loro priva della migliore sua rarità.

Del resto, più pregevole ancora di questa antichità, si è la posizione stupenda del palazzo Barberini, sur una altura, dove spira di continuo un’aria fresca e balsamica e di dove si gode una vista di inarrivabile bellezza, ed al certo fra le migliori della campagna di Roma. Imperocchè di là si scorge la più gran parte del Lazio, dell’antico paese dei Tusci, ora patrimonio di S. Pietro: pianura grandiosa e seria, di aspetto classico, nella quale sorgono i monti latini e volsci, con un’ampia strada fra questi, la quale porta al mare ed all’isola di Ponza. All’orizzonte si scorgono i profili della città eterna, di Roma, immersa nei vapori, il monte Soratto isolato e solitario, la catena degli Apennini, e più oltre i monti della Sabina; a sinistra poi, l’ampia e bella valle del Sacco, dominata dai monti di Montefortino e di Segni; più in là le alture della Serra, e tutte quelle vette le quali sopra Anagni e Ferentino, si profilano nell’azzurro dell’atmosfera. Se poi si considera che tutte queste pianure, tutte queste colline sono seminate di città, di paesi, ricchi per la maggior parte di ricordi che richiamano il pensiero ai tempi di Roma antica, di Roma imperiale, al medio evo; se si pensa che di là si possono contemplare, quasi in un pa-