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è di poca estensione ed ha nome di laghetto. Trovasi dopo la prima stazione, Osteria nuova, bettola isolata al sedicesimo miglio, posto ai piedi di una collina, la quale si stacca dai monti Albani ed in cima alla quale sorge il villaggio di Colonna, culla nel medio evo della famiglia di quel nome. Viene dopo la stazione ad Statuas, oggi S. Cesario, osteria isolata in mezzo alle vigne, ed in un terreno frastagliato, sito rinomato una volta per le frequenti grassazioni che vi si commettevano, imperocchè solevano ivi i banditi aspettare le diligenze ad una svolta dalla strada, o saltar fuori come portava l’espressione tecnica. Da San Cesario si scopre fra stupendi vigneti l’abitato di Zagarolo, antico feudo dei Colonna, ai quali appartenevano tutti i territori di quei dintorni. Era questo, o doveva essere l’antico Pedum, del quale fa parola Orazio nella sua epistola quarta, diretta al suo amico Albio Tibullo.

Albi nostrorum sermonum candide iudex,
Quid nunc te dicam facere in regione Pedum!

Da questo punto, salendo sempre, si arriva alla località abbastanza grande di Palestrina, l’antica e rinomata Preneste dei Romani, dove si può scorgere tuttora un tratto dell’antica strada, lastricata di sassi poligonali. E qui sarà mestieri soffermarsi alquanto, imperocchè il lettore mi potrebbe muovere a buon diritto rimprovero, se io mi restringessi ad accennare puramente il nome di tanto antiche e famose città. Non mi tratterò tuttavia a lungo.

Preneste, che ora nella attuale Palestrina ci compare quale gruppo di case nere, sulla pianura inclinata ai piedi un monte di tufo calcare, fu anticamente la dominatrice del Lazio, ben prima di Alba la Lunga, e di Roma. E lo provano le mura ciclopiche a doppia fila, che oggidì tuttora sussistono, e che formavano l’antica rocca. Sorgeva questa sul punto più elevato del monte Prenestino in una località fortissima per natura e pressochè imprendibile, dove durante il medio evo parimenti, fu costrutto un ca-