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Il pittore di Subiaco comprese che per commuovere gli era mestieri dissimulare, e lasciare indovinare soltanto, quanto quel fatto aveva di troppo crudele, di troppo disumano.

Trovai ancora colà altre pitture originali, particolarmente due figure di S. Stefano e di S. Lorenzo. Il primo è rappresentato nell’atto di essere lapidato, e l’autore, o chi restaurò più tardi quel dipinto, ebbe l’idea di introdurvi veri sassi, ed andò tant’oltre in questa da rappresentare quale oggetto materiale la stessa aureola che circonda il capo del santo, raffigurandola squarciata e rotta da una sassata. S. Lorenzo è rappresentato sotto l’aspetto di un bel giovane, vestito della tonaca di diacono, in piedi sulla graticola, con una palma nella mano destra, ed un libro nella sinistra.

Soggiungerò ancora che dall’ultima cappella che ho descritta, si scende in una piccola grotta, dove vuole la tradizione che S. Benedetto facesse scuola a suoi discepoli. Le mura vi sono rivestite di stucco, e vi si scorgono tuttora avanzi di pitture antichissime.

Tali sono le principali rarità del monastero. Merita però ancora di essere ricordata la corte superiore, dalla quale si ha la migliore vista della rupe gigantesca alla quale sono addossate tutte quelle costruzioni. Dessa scende a picco, e pare minacci schiacciare il monastero, se non che per buona sorte sorge in mezzo alla corte la statua del santo, la quale stende la mano diritta verso la rupe, pronunciando le parole «Ferma o rupe, non danneggiare i figli miei!» Allorquando entrai nella corte vidi tre corvi i quali stavano ai piedi della statua, gracchiando in tuono melanconico. Quegli uccelli indiscreti, colla loro voce rauca, e colle loro penne nere come la tonaca dei Benedettini, mi parvero attributi molto originali del santo, quali sono altri uccelli di alcuni Dei, nella mitologia degli antichi. I corvi figurano più di una volta nella vita di S. Benedetto; ho di già accennato che lo accompagnarono allorquando si portò da Subiaco a Montecassino, e debbo ancora par-