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bella e graziosa figura di donna, non chè per la buona disposizione dei paneggiamenti. Un’altra rappresenta la morte del santo in un modo molto originale; giace questi disteso sul letto, rivestito della tonaca nera, un raggio di luce parte dalla sua bocca, e l’anima sua è rappresentata da una piccola figurina nuda, che un angelo trasporta in cielo. L’angelo è stupendamente disegnato, con un profilo greco purissimo, ed i suoi belli e grandi occhi hanno molta espressione; il suo capo inclinato, tratto caratteristico della grazia, anche prima di Giotto, ricorda vivamente le migliori pitture delle catacombe. Per buona sorte, questo stupendo affresco, soltanto alcun poco annerito dal tempo, non venne ristaurato, e parecchi altri ve ne sono improntati dello stesso carattere di grazia ingenua, tutta primitiva. Non sono tutte quelle pitture dello stesso pennello, e parecchie ve ne sono le quali appartengono evidentemente al secolo XI, ed anzi precisamente al peggiore stile bizantino. Tali sono certe figure colossali di appostoli e di santi, le quali fanno troppo contrasto colle composizioni dipinte a fresco sulle pareti. Furono del resto ristaurate nel peggior modo che si possa dire.

Trovasi in quella chiesa sotterranea la grotta di S. Benedetto, la quale mi ricordò vivamente quella di S. Rosalia sul monte Pellegrino presso Palermo. Dietro l’altare, riccamente ornato, si vede la statua in marmo del giovane Benedetto, il quale prega in ginocchio ai piedi della croce, scultura abbastanza buona della scuola del Bermini, il cui effetto d’altronde è molto favorito dalla luce dubbia della caverna. Per verità tutto colà possiede un carattere singolare, originale; la piccolezza, l’eleganza di tutte quelle chiesuole, cappellette, grotte, paiono un gioco dalla fantasia, di cui non ho trovato l’uguale nella sfera della rappresentazione delle cose religiose. Si direbbe che si svolgano i fogli di un libro illustrato di leggende poetiche, tranquille, innocenti, ma fantastiche come la vista dei santi anacoreti nella solitudine, in mezzo gli uccelli della foresta. La religione assume qui il carattere di una leggenda