i monaci non avevano punto dimenticato che erano stati dessi stessi baroni feudali. Ricordavano sempre con desiderio i loro diritti ed afferrarono quale propizio per tentare di riacquistarli, il momento della morte di Francesco Barberini avvenuta nel 1738 e con pronta risoluzione elessero di loro autorità a vicario della badia il loro abate Bernardo. Questi si fece portare nella chiesa della città, ed ivi ricevette dal gonfaloniere il giuramento solenne di fedeltà, giurò gli statuti del comune, e dopo quella presa solenne di possesso, venne portato processionalmente per Subiaco sur una sedia, quasi ad imitazione della funzione di presa di possesso dei Papi nuovamente eletti. Quasi fosse tuttora un abate del secolo XIII promulgò editti, nominò ufficiali pubblici nei castelli, fece grazie, richiamò esuli, e si comportò in ogni cosa quale principe assoluto. Gli atti del suo governo erano solennemente intitolati «Noi Don Bernardo Cretoni, dell’ordine di S. Benedetto, monaco e professo del sacro ed imperiale monastero di Farfa, ed attualmente per grazia di Dio abate regolare del sacro monastero di S. Scolastica, e per grazia della santa sede apostolica vice regente spirituale e temporale per la santa sede stessa.» Se non che il temerario abate incontrò la più viva opposizione sia presso il popolo, il quale non ne voleva sapere di ritornare sotto il dispotismo della tonaca, sia nella gelosia del clero secolare della città. Si ebbe ricorso al Papa, il quale assegnò la comenda al cardinale Spinoza. Questi munito dei pieni poteri del santo padre, convocò il consiglio municipale ed i monaci nella chiesa della città, e mentre dava loro lettura ivi della bolla pontificia, fu interrotto dalle mormorazioni vivissime dei monaci, i quali si ricusarono al solito omaggio del bacio della mano, e ad onta dovessero poi finire per cedere, non deposero però la loro arroganza nè cessarono dall’usare mali tratti ai coloni.
Circa la metà però del secolo XVIII l’odio contro le istituzioni feudali era diventato generale, e la compagnia di Gesù, come gli altri ordini religiosi, non potevano a meno di doverne subire le conseguenze, in quantochè si trova-
F. Gregorovius. Ricordi d’Italia. Vol. I. |
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