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telli in dodici piccoli conventi, che prese a fondare. Stavano tutti in quella valle, regione selvaggia, ed in allora, secondo ogni probabilità, totalmente incolta. Nel contemplare quella cerchia di monti severi e silenziosi, i quali ora sorgono ripidi verso il cielo privi d’ogni vegetazione, ora rivestiti di foreste, nelle quali l’usignuolo fa sentire il suo canto armonioso, non si può a meno di apprezzare il senso delle bellezze naturali del giovane romito. Nessuna delle viste stupende di cui è cotanto ricca la campagna di Roma, distrae ivi da vita severa e contemplativa; tutto l’orizzonte è limitato, e circoscritto dai monti.

A settentrione sorgono due picchi colossali, e fra questi si precipita impetuoso l’Anio, rompendo tutti gli ostacoli che i sassi frappongono al suo corso, volgendo le sue acque argentee a traverso gole ombreggiate da annose piante, mentre il romore incessante e malinconico di quelle, invita al riposo, ed alla solitudine. Sorgevano in quella valle, appoggiati alle pareti dei monti i dodici conventi abitanti dai Romani seguaci di Benedetto, e la valle di Subiaco si sarebbe allora potuta paragonare ad una di quelle del deserto d’Egitto, dove Atanasio ed Antonio, avevano radunati attorno a sè le nomerose schiere dei monaci d’Oriente.

Intanto l’invidia di un prete, del vicino Vicovaro (Varias) cacciava da Subiaco i novelli patriarchi. Pelagio tentò un giorno di mandare all’aria quei conventi per mezzo di belle ragazze, che ebbe la malizia di introdurre nelle celle dei monaci. Benedetto abbandonò il luogo profanato, dove per tanti anni aveva predicato la sua dottrina, afflitto ed incerto dove si dovesse recare, portando seco tre giovani corvi che aveva addimesticati. Andò a Montecassino fondandovi, nell’anno 529, quel famoso monastero.

Erano però rimaste in Subiaco le sue istituzioni; e desso medesimo aveva chiamato e suo successore il fratello Onorato, insediandovelo nella qualità di abate. Se non che da quell’epoca la storia dei dodici monasteri diventa oscura, e pare che la guerra devastatrice dei Goti, abbia impedita la loro prosperità. Probabilmente l’abate Onorato fu que-