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oscure, popolate da ragni, da uccelli, da ogni specie di animali marini.

Una bella passeggiata in mare, si è quella del giro di tutta quanta l’isola. Vi s’impegnano all’incirca tre ore, e si ha tempo di visitare ancora alcune grotte. La costa a ponente non offre di queste cavità, imperocchè ivi le pendici del Solaro digradano dolcemente in mare, fra i due capi denominati Punta di Vitareto, e Punta di Carena. Si avanzano colà in mare tre promontori, bassi ma ripidi, che hanno nome Campitello, Pino, ed Orica, e che sono muniti di alcune fortificazioni. Si fu in quella località che i soldati di Murat sorpresero di notte tempo l’isola, arrampicandosi su per gli scogli. Procedendo oltre la Carena, la sponda meridionale si presenta tutto ad un tratto altissima, e tagliata a picco, le rupi sono gigantesche, seivaggie, si specchiano in mare, e si innalzano verso il cielo. La riva presenta lo stesso aspetto sino alla punta di Tragara, e non è meno gigantesca e bizzarra tutta la costa a levante; fino al promontorio di Lo Capo a settentrione levante dell’isola, dove abbondano le grotte ricche di stalattiti.

Ci rimane a parlare della vetta più elevata dell’isola, del monte Solaro. Partendo da Ana-Capri, e salendo con istento per un malagevole sentiero, si arriva sul dorso del monte. La sua forma il suo aspetto sono strani, imperocchè alla sommità la montagna presenta una pianura arida, nericcia, quasi a foggia di terrazzo, sulle rupi che scendono sopra Capri. Si cammina colà in un labirinto di macigni calcari, facendo sorgere ad ogni passo sciami di locuste nere, le quali innumerevoli ricoprono tutto il suolo. All’orlo di questa pianura, sopra una rupe severissima che piomba in mare, sorge la cella dell’eremita di Ana-Capri; e non ho visto mai romitaggio, il quale fosse maggiormente degno di quel nome. Per entrare nella cella è d’uopo attraversare una antica cappella. Trovai tutte le porte aperto, e l’eremita assente; la sua tonaca era gettata sul muricciolo del giardino, e sopra il suo