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sere padrone del mondo, e non durò che pochi anni. E non fu meraviglia; il caso lo atterrò un giorno con tutti i suoi godimenti, i quali non furono che pazzie; desso avrebbe voluto sorbirsi il mondo, come si sorbe un uovo. Dopo la guerra civile, e dopo Augusto regnò un silenzio spaventevole nella storia del mondo; fu l’epoca la più cupa dell’umanità, la quale corruppe irremissibilmente il mondo antico. Augusto fu grande e felice perchè aveva dovuto acquistare la sua signoria; suoi successori furono miseri per non avere più nulla a conquistare. Venuti tutto ad un tratto in possesso di una dominazione stabilita da lungo, non sapevano qual impiego fare delle loro giornate, imperocchè anche i piaceri diventano insopportabili quando non li interrompa il lavoro e non diano loro pregio di quando in quando le privazioni. Caligola nella sua pazzia volle gettare un ponte sul mare; Claudio fu un pedante; Nerone incendiò Roma, e mentre questa era in fiamme suonava la cetra, faceva versi, e voleva essere ritenuto abile quale guidatore di cocchi e comediante. In quel periodo di sonnolenza generale del genere umano, noi troviamo l’uno dopo l’altro Tiberio, Caligola, Claudio e Nerone, demoni e scellerati perchè la storia taceva. Senza esempi la natura sarebbe diabolica, e produsse allora quei mostri l’uno dopo l’altro, quasi per caso fortuito.

Sarebbe però fare ingiustizia al carattere di Tiberio, qualora lo si confondesse con i suoi successori. Questi furono puri e meri scellerati volgari, i quali avevano cacciata via ogni maschera, e che mettevano a nudo sen’ombra di vergogna la loro natura bestiale. Tiberio, superiore per ingegno alla sua epoca, fu uomo fino, diplomatico, della scuola dell’ipocrita Augusto. Tutta la sua fisonomia rivela la finezza, la dissimulazione, particolarmente il taglio della sua bocca gesuitica, e forse la natura non ha prodotto bocca più perfetta di diplomatico. Si direbbe che pronuncia la sentenza di Talleyrand, essere stata data la parola all’uomo per nascondere i suoi pensieri, e sappiamo da Tacito quanta fosse l’arte di Tiberio nel parlare. Desso