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nero alcuni anni sono colpiti dal fulmine. I materiali ne giacciono all’intorno, dispersi fra le vigne. Stanno tuttora in piedi reliquie di muri, di volte, le quali bastano a far comprendere che il faro era un edificio ampio, e ragguardevole. Poteva competere col faro di Alessandria, e colle torri di Ravenna, e di Pozzuoli. Il poeta Stazio, in un verso lo paragona alla luna, splendore delle notti. Suetonio narra che quella torre rovinò atterrata da un terremoto, pochi giorni prima della morte di Tiberio, ma convien dire sia stato ricostrutta dopo quel fatto, che altrimenti, Stazio non ne avrebbe potuto far parola. Attualmente la sua altezza non supera i sessanta piedi. Nel 1804 Hadrava fece praticare scavi al piedi della torre; vi rinvenne avanzi di un piano sotterraneo, alcuni marmi ed anche un basso rilievo, il quale rappresentava Lucilla e Crispina, in atto di pregare.
Dal faro salendo ancora pochi passi, si arriva alla rinomata villa di Giove, la quale secondo Suetonio era propriamente l’abitazione ordinaria di Tiberio, ed anzi dice espressamente che il tiranno dopo l’esecuzione di Sejano vi si tenne rinchiuso per ben nove mesi, per il timore di una congiura. È fuor di dubbio che le rovine che si scorgono al capo della spiaggia a settentrione levante dell’isola, appartengono a quella villa. Lo confermano, sia la tradizione la quale addita per la località più importante dell’isola, sia l’estenzione del palazzo, le cui rovine sono le più raguardevoli di tutta Capri, sia la natura delle costruzioni, le quali appartengono all’epoca migliore della architettura romana. Uno può aggirarsi colà in un vero labirinto di volte, di gallerie sotterranee, di numerose stanze, le quali furono in buona parte ridotte ad uso di cantine, e di stalle per il bestiame. Giacciono qua e la dispersi sul suolo capitelli, piedistalli, fusti di colonne, frammenti di marmo; alcune stanze presentano tuttora avanzi di stucco, ed in qualche punto si scorgono tuttora traccie di pitture in colore giallo, o rosso cubo, simili a quelle di Pompei. Sul suolo si vedono tuttora frammenti di pavimenti a mo-