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ciò con una rara perfezione, mentre i suoi occhi nerissimi scintillavano quali quelli delle sirene, e la sua bruna capigliatura incolta, scherzava sulla sua fronte. Dopo avere suonato, Costanziella m’invitava col fare il più disinvolto ad entrare in casa, ed a prendere parte alla sua cena con sua madre; mi porgeva fichi d’india maturi, che sapeva staccare con molta destrezza col coltello dalla unica pianta che sorgeva davanti alla casa, senza pungersi le dita della piccola mano alle molte spine. Non si parlò mai colà di letteratura; Costanziella non conosce i nomi nè di Goethe, nè di Schiller, nè aveva parimenti la menoma idea della letteratura francese, od inglese. Le sue cognizioni letterarie non si estendevauo al di là di poche canzoni del porto di Napoli. Sua madre era donna come suol dirsi alla buona, ed i suoi discorsi si aggiravano per lo più intorno alle derrate, ai mezzi di sussistenza. Costanziella non aveva mai mangiato carne, portava sassi si ricreava colla musica, si cibava di pane asciutto, di patate con poco olio e sale. Rise di cuore una volta che le domandai se non avesse mangiato mai arrosto; ed intanto era fresca, ricciuta quanto Ebe, o Circe, o Diana caciatrice; e nessuna era di lei più allegra, più esperta nel suonare lo scacciapensieri.

Ad ogni momento in Capri vi si domandava un grano, un baiocco, o come dicono la bottiglia. Sono per lo più i ragazzi e le ragazze che fanno tal domanda, a cui non potrei dare nome di mendicità, imperocchè non ritrae punto della domanda di un’elemosina. Trovano naturale, essendo poveri, domandare a quelli che posseggono qualcosa; e quando loro non si dà nulla, vi fan buon viso ugualmente dicendovi: «Addì signoria». Vi si domanda sempre e dovunque. Un giorno che entrai nella scuola di Ana-Capri, tutta la scolaresca sorse da suoi banchi sciamando; «Signore la butiglia!» e quasi mi aspettavo la domandasse il maestro desso pure.

Entrando in una casa, si è certi che vi viene incontro un ragazza, la quale vi porge alcune foglie di maggio-