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velluto?» Il professore afferma, e siccome l’altro è rauco, e non può oramai più parlare, prende a sua volta a vantare i pregi dell’incomparabile prodotto.

Dimostra in primo luogo in che consista il grasso lucido. «Si vorrà sostenere che questo grasso lucido, dice egli, contiene sali alcalini, sostanze corrosive. Ora io domando, credete voi che un uomo vivente possa tranguggiare impunemente vitriolo? Credete voi effettivamente che un uomo si possa cibare di zolfo? Ebbene, io voglio darvi una prova convincente; mangierò alla vostra presenza di questo grasso lucido, desso non mi darà la morte, non mi cagionerà verun disturbo, mi procurerà soddisfazione quale potrebbe fare la polenta la più squisita.» Su di ciò, il professore si fa a trangugiare una discreta pallottola di grasso lucido, l’uditorio rimane profondamente scosso, e persuaso che il grasso lucido non contiene punto vitriolo. «Compratelo pertanto, urla il professore, valetevi di questo solo ed unico grasso lucido eminentemente economico, utile, ed inocuo. La scatoletta non costa che tredici baiocchi. Ma che ho detto tredici balocchi? Sono dodici. Vedete! anzi ve la do per dieci.»

E per dimostrare che il grasso rende lucida ogni sostanza, prende un pezzo di carta e gli dà la vernice con singolare destrezza, e con un sorriso di compiacenza; quindi afferra un giovinotto, e sempre declamando e gesticolando gli dà il lucido ad una scarpa. Il giovane è raggiante di soddisfazione, quasi non è persuaso ancora della fortuna toccatagli, imperocchè non gli è accaduto mai, dacchè si trova al mondo, di avere una scarpa lucida. «Vedete, dice il professore, questa scarpa pareva non ha guari la scarpa di un porco, ora riluce al pari di argento; un bambino appena nato la potrebbe rendere tale, senza la menoma fatica.» Il giovanetto se ne parte con una scarpa lucida e coll’altra no, e non leva l’occhio per tutta la strada dalla sua scarpa lucida, quasi si volesse specchiare nella sua felicità.

Lo avere assistito a questa rappresentazione popolare