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nulla che fare colla Corsica.» Non fa d’uopo al certo di molta psicologia, per leggere a questo punto nell’animo di lui. «L’isola d’Elba? Chi conosce l’isola d’Elba? Mi si cerchi un ufficiale il quale conosca l’Elba! Cercatemi una carta dell’isola d’Elba! — L’Elba — però l’Elba!» ed un pensiero attraversò la sua mente. Erano i favoriti di sua sorella Elisa di Toscana, i quali avevano proposta l’Elba siccome quella che era vicina alla Toscana; e per tal guisa da tante vive lotte, ne nacque per Napoleone la ridicola dominazione di una piccola isola.

Il 20 aprile 1814 prese congedo dalla sua guardia, e non fa d’uopo ricordare qui cose ormai antiche e note a tutti. Ma considerare però la caduta di un uomo straordinario è sempre spettacolo salutare, che solleva l’animo a serie considerazioni intorno alla vita ed alle sue eterne leggi. Quando precipitano dall’alto uomini meschini i quali non emersero dal volgare per propria forza, ma unicamente per debolezza dei tempi, il loro fino ispira orrore, ma non è punto tragico. La caduta per contro di Napoleone è forse la più grande tragedia che ci porga la storia.

Che cosa diceva quest’uomo allorquando prendeva congedo dalla sua guardia, vale a dire dagli stromenti della sua possanza militare? Le sue parole furono un misto di verità e di bugia, di politica e di sentimentalismo. Tutta quella scena fu grandemente caratteristica, perchè grandemente teatrale. La pompa teatrale, l’apparato scenico furono assai più nell’indole di Napoleone, che di Alessandro e di Pompeo. «Serbatevi fedeli al novello re che la Francia si è scelta» diss’egli alla sua guardia che piangeva «non abbandonate la nostra cara patria così a lungo infelice. Non compiangete la mia sorte, sarò sempre felice, quando saprò che lo siate voi. Avrei potuto morire; nulla mi era più facile, ma non volli cessare di battere il sentiero dell’onore. Mi rimane tuttora a scrivere quanto abbiamo fatto assieme. Non posso abbracciarvi tutti, ma voglio almeno stringere al mio petto il vostro generale. Appressatevi generale... (abbraccia il generale...) Mi si rechi un