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vidde riprodotta in pittura per ogni dove, col titolo di partenza di Napoleone dall’isola d’Elba. L’occhio non si stacca più dalla graziosa cittadina, e ricerca l’unica sua meraviglia, la casa abitata dall’esule imperatore.
«Non scorgete colà in alto quella casa dipinta in giallo, di aspetto allegro sotto il forte della Stella? Prospetta propriamente qui nel porto; non vedete colà, dove la sentinella sta davanti alla garetta?»
— «Quella casa con quelle piccole finestre? Vere Tuileries per un re pigmeo? Pare un casino di riposo di un giardino.» —
— «Ebbene, quello si è il palazzo dell’imperatore, attualmente casa abitata dal governatore.»
Una barca ci porta sulla calata, dove si sono affollati i pacifici abitanti della città, ansiosi di avere notizie.
Non havvi quella ingrata confusione di Livorno, dove fra barcaiuoti e facchini non si è quasi sicuri della vita. Tutto è tranquillo, quieto, contento. Varcata la Porta si entra in una strada la quale serve a mercato dei pesci e dei legumi, e da questa si giunge ad una piazza lunga e stretta, denominata Piazza d’armi, all’estremità della quale sorge la chiesa principale della città. Regnava ivi il profondo silenzio della domenica; tutto rivelava la quiete, ed il benessere di una vita tranquilla. Le case pulitissime sono rallegrate dalla presenza di fiori alle finestre, sui balconi; le botteghe piccole, i caffè piccoli parimenti, la locanda l’Ape d’oro modestissima, fanno prova degli scarsi bisogni degli abitanti. Entrammo in questa ultima col mio compagno di viaggio, trovandovi in una sala da pranzo semplicissima, due ospiti modesti e taciturni, un pranzo scarso, vino discreto dell’isola, ed un albergatore cortese.
Non potemmo quietare finchè non ebbimo salito alla casa abitata da Napoleone. Sorge questa in posizione alquanto elevata, fra i due forti della Stella e del Falcone, a fronte del golfo, ed a tergo gode di bella vista sul mare verso Piombino. Se non che questa vista sull’ampio mare e sulla costa attraente d’Italia, doveva riuscire vista di