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frammenti, che quasi documenti storici sono da secoli e secoli gitati sulla spiaggia e ripresi dalle onde. Queste rovine spargono un senso di tristezza nell’idilio di Anzio, ed i pensieri, i ricordi che destano, valgono grandemente ad accrescere l’attrattiva di questo soggiorno. La mancanza assoluta di storia, la separazione totale dal mondo e dalle sue vicende, sono quelle che danno carattere speciale alle spiaggie del nostro mare; ma qui in Italia, non si rinviene angolo di terra, per quanto sia solitario e remoto, dove le memorie serie e classiche del passato non sorgano, dove non invitino a riflettere sull’avvicendarsi continuo delle sorti dell’uman genere. Sedendo qui sulle rovine di un palazzo romano, al rumore delle onde che si frangono contro di esse, ricorrono involontariamente alla memoria i versi di Orazio
O Diva gratum quæ regis Antium. |
Ed intanto uno sguardo sul capo di Circe vi richiama alla poesia d’Omero, e la vista della lontana Astura vi porta in altre storie, in altra poesia, in guisa che vi circondano tre periodi della umana civiltà, tre diversi generi di poesia, Omero, Orazio, ed il poeta degli Hohenstaufen Wolfram di Eschenbach.
La Fortuna possedeva in Anzio un tempio celebratissimo, ed avevano pure i loro tempi Apollo, Venere Afrodisiaca, Esculapio, e Nettunno. Il pensare che su queste spiaggie deserte, circondate dai pascoli di mandre, brillava in tutta la sua divina bellezza, attorniato da altre stupende creazioni dell’arte, l’Apollo del Belvedere, accresce pregio a questa località, già per sè piacevolissima. Fu qui scoperta quella statua mirabile ai tempi di Giulio II, e quante non se ne rinvennero dopo d’allora, che formano ornamento delle gallerie del Vaticano, del Campidoglio, e del palazzo