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montorio di una piccola penisola, la quale si stacca dalla riva, ricoperta da siepi e da cespugli, e fra queste sorge un piccolo forte. La riva è deserta, e partendo da quel punto, si arriva nel porto di Piombino.
Questa piccola città di appena mille ducento abitanti, appartenne dapprima agli Appiani, e nel 1805, venne in podestà di Felice Baciocchi, côrso, duca di Lucca e Piombino, marito della principessa Elisa Bonaparte. Estinto il casato degli Appiani nel 1631 fu tenuta dalla Spagna, e nel 1681 venne in podestà di Ugo Buoncompagni Ludovisi, i cui discendenti la riacquistarono nel 1815, tenendola sotto l’alta signoria della Toscana. Le vie anguste della città, colle loro case colorite in giallo, il castello principesco sur un’altura, le mura nere, ed una torre in rovina sopra un ripido scoglio vicino al porto, si specchiano nelle onde, solitarie e quasi divise dal mondo. La vista della città è stupenda; si stende sovra un vero arcipelago di belle isolette. Giglio, Cervoli, Palmarola, Elba e Corsica, le quali emergono dai flutti azzurri del Mediterraneo. A mezz’ora di distanza l’Elba presenta le sue rupi imponenti, e le isolette di Cervoli e Palmarola le torri da cui sono coronate.
Nell’avvicinarsi all’Elba compaiono ognora più severi, più selvaggi i suoi scogli; ad eccezione di un piccolo porto a sinistra, non avvi indizio di sito abitato. Il monte scende ripido, scosceso, severamente maestoso in mare. Alla sommità di un monte sorge ardita una antica torre grigia, detta dal popolo Torre di Giove, nome adatto a quest’isola di Napoleone, verso la quale drizza la prora il battello.
Girato un bruno promontorio, muta prontamente la scena, recando grata sorpresa. Si apre tutto ad un tratto il vasto e bello golfo di Portoferraio, stupendo semicircolo di monti disposti a foggia di anfiteatro, le cui pendici sono ricoperte fino al mare di giardini, di ville, di fattorie, di cappellette, di magnifichi boschi di cipressi, di aloe in fioritura, da ricche piantagioni di gelsi di un verde