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La strada corre per cinque ore in direzione del mare, rasentando i monti Albani. Femmo sosta a Fontana di Papa. La è questa un’osteria che sorge solitaria in mezzo alle vigne, e la quale ha tolto il suo nome da una fontana fattavi costrurre da Papa Innocenzo XII. Suole fermarsi pure colà il Papa, quando nel mese di maggio si porta alla sua villa di Porto d’Anzio per godervi la frescura del mare.

Regna colà una grande animazione. Ognuno siede a tavola, e si mangiano maccheroni o frittate stupende, ma vi si beve un vino scellerato. Ad ogni momento arriva una carrozza od una persona a cavallo, od un pugno di birri che tornano da perlustrare la vicina foresta, ed uno dei quali si vanta avere data ieri una schiopettata ad un brigante, stendendolo cadavere. Arriva pure da Porto d’Anzio un convoglio di galeotti; sono seduti sopra un carro incatenati a due a due, e tra essi vi hanno bei giovani, vestiti pulitamente, con capelli di paglia, camicie pulite, cravatta sciolta di seta, imperocchè questi galeotti giunti a Roma devono essere posti in libertà. Loro si portano vino, sigari, ed i birri assistono coll’armi in spalla; ed accettano dessi pure quanto loro si porge. Tali sono le scene di Fontana di Papa.

Ora la strada corre per due ore per entro le macchie che costeggiano le paludi pontine, fino a Terracina, coprendo la spiaggia del mare, e che sono popolate di cignali, di porcospini, da buffali, da tori, dalla febbre, dai briganti i quali sboccano di là per isvaligiare sulla via Appia i viaggiatori o presso Cisterna, o presso Forappio, o sotto le rocche di Terracina.

Finalmente compare il mare, seducente raggiante di luce, azzurro, tranquillo, e tutti salutiamo con gioia le onde cerulee di Anzio, l’antica città dei Volsci dove incontrò la morte Coriolano, e dove fu rinvenuto il capo d’opera della scultura antica, l’Apollo del Belvedere, il quale ornava il tempio che colà un dì sorgeva.

Sono ora nove anni che in ogni estate mi sono ricreato