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94 | un’escursione nei quartieri poveri |
Alcuni tentarono reclamare contro la loro detenzione, vedendo l’ispettore Price, cui riconobbero attraverso i fumi bacchici, ma prudentemente fu chiusa la porta sul naso ai reclamanti. In un’altra prigione erano chiuse le donne, meno pacifiche degli uomini, e che si abbandonavano ad un cicaleggio sfrenato: è vero che aveano per iscusa le recenti libazioni. In un terzo recesso lo spettacolo era orribile: una donna, rinchiusa sola, perchè in preda ad un vero accesso di delirium tremens, coi capelli sciolti e sparsi sulle spalle, l’occhio torvo, la faccia insanguinata per le graffiature fatte colle proprie unghie nei momenti di furore, presentava la immagine di un’arpia. Quando intese che era arrivato il signor Price:
«Io voglio uscire, signor ispettore, gridava essa; io voglio andarmene, voglio tornare a casa mia; mio marito ed i miei figli mi aspettano!»
Il cuore di donna e di madre risvegliavasi nell’ubbriacona.
«Apritemi, voglio ritornare a casa!...»
E poi passando dal furore alla mansuetudine:
«E via, mio caro signor Price, mio buon amico, my good friend, diceva, mettetemi in libertà; vi prometto di essere buona.»
E vedendo che egli non l’ascoltava:
«Non è vero! esclamava, io non sono ubbriaca, è una viltà degli agenti; domani andrò a lagnarmi coi giudici.»
E dava della testa nei muri della sua prigione; scuoteva la porta sui cardini, e parole inintelligibili uscivano dalla sua bocca, rotolavasi per terra, colla schiuma alla bocca, e continuava a gridare. Ora si rivolgeva perfino a noi, ed ora chiamava in suo soccorso esseri immaginarii. Due volte attraverso il finestrino della porta tentai di fissare gli sguardi sopra di essa, e due volte indietreggiai quasi spaventato al cospetto di quella pazza furiosa, che voleva gettarsi sopra di me malgrado la porta che le sbarrava il passo. Un constabile aprì un momento la prigione, ed