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di questo stabilimento modello, ce lo mostrò con certo orgoglio. Resta a sapere se il contegno dei suoi ospiti corrisponda all’ordine che regna nella casa; il che è poco probabile, poichè nessuno dei locatari era ancora tornato a casa all’ora avanzata in cui noi visitammo lo stabilimento.

Mezzanotte era suonata da lunga pezza: le taverne e le vie si riempivano sempre più d’una folla pochissimo rassicurante. Alcuni mariuoli ci urtavano passando, ci osservavano freddamente colla coda dell’occhio, come per sapere di quale profitto noi potevamo essere per loro; ma ben presto, riconoscendo la polizia, affettavano maniere più disinteressate, alcuni arrivavano fino a salutare pulitamente il signor Price, chiamandolo pel suo nome.

In una taverna dove entrammo, taverna tutta piena di ladri, all thieves, mi disse l’ispettore: taverna rumorosa, animata da gruppi caratteristici; il signor Price fu di nuovo riconosciuto, salutato, festeggiato. Un ladro gli si presentò; lo vedo ancora: era un uomo piccolo, magro, schifoso, i capelli sparsi, la barba incolta, gli occhi senza ciglio, rossi, incerti, iniettati d’alcool; la faccia solcata di rughe, il naso schiacciato, senza dubbio, come quello di Michelangelo, da un pugno di un pugillatore; la pelle non aveva che il colore di una cartapecora sporca.

«Ah! mio caro signor Price, eccovi qui adunque, disse all’ispettore; come state, how do you feel?»

E gli prendeva la mano fra le sue e la baciava.

«Questo buon signor Price, il nostro ispettore, our dear inspector!» gridava egli mostrandolo ai suoi camerata, ed era quasi tentato di chiamarlo il padre dei ladri, la provvidenza dei pick-pockets

Il signor Price lo lasciava fare, calmo, impassibile, sempre dignitoso come conviene ad un Inglese, specialmente ad un ispettore di polizia; ma sembrava dire fra sè: «fanne qualche altra, mio caro, e vedrai se mi scappi. Ch’io ti colga colla mano nella