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sono osteriaccie all’aria aperta, dove fritti senza nome, pezzi di carne sguerniti aspettano gli avventori soliti; e poi qua e là dei vicoli lunghi e stretti, scuri e come pieni d’una specie di mistero; delle scale che cominciano spesso sulla via, i cui gradini, che non videro mai la scopa, sono mezzo sdrusciti, sgangherati, spesso incompleti, veri trabocchetti per chi non conosce questi luoghi pericolosi. Dalle finestre spenzolano cenci d’ogni sorta, oppure della biancheria lavata che si asciuga distesa sopra una corda. La lisciva produce sopra questi luridi cenci il singolare effetto di farli sembrare ancora più sordidi; tanto perdettero il loro primitivo colore!

Dove sono dunque gli abitanti di questo quartiere di pezzenti, di questa nuova Corte dei Miracoli? Gli abitanti dormono. All’infuori di alcuni bottegai in piedi sul davanti delle loro botteghe, e di alcuni rari passeggieri che ci squadrano dal capo ai piedi, vedendo bene che non siamo del quartiere, il luogo è deserto e silenzioso; il che è tanto più sorprendente, giacchè lì vicino è il mercato di Covent-Garden, uno dei più animati di Londra. Alcune case sembrano barricate, anche alcune botteghe restano chiuse. Io esterno altamente la mia sorpresa a D. B. che prende uno sbozzo, e d’improvviso sento una voce che mi risponde in buon francese:

«Ah! signore, bisogna venire dalle dieci della sera alla tre del mattino, ed allora vedrete quanta gente!... Qui si lavora la notte e si dorme il giorno.»

Mi volto a quest’apostrofe, e vedo una vecchia, che, avendomi sentito e compreso, nulla avea trovato di meglio, che prender parte famigliarmente alla conversazione. Il suo accento, la facilità colla quale si esprime, dinotano una francese. Come è mai venuta a perdersi, ed alla sua età, in queste topaie infette?... Stava per domandarle tutto ciò, per assediarla d’altre domande, quando d’un tratto mi scappa e scompare allo svolto d’un vicolo, dove cerco invano di trovarla. Forse la vecchia non