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ricordi di londra. 59

eran combinati nella stessa maniera il giorno innanzi; e dandoci una cert’aria grave di commissione internazionale per un arbitrato qualunque, andammo insieme a far colezione. Eccettuato lo spagnuolo, e un po’ l’italiano, gli altri erano spugne da birra; la tavola fu presto coperta di bicchieri vuoti; e la conversazione si fece animatissima. I vapori della birra avevano assopito gli odii e i dispetti politici, e destato invece in tutti e sei un sentimento d’amore universale, che prorompeva in brindisi clamorosi alla prosperità o alla gloria di tutte le nazioni rappresentate quoique indignement, come diceva il lionese in quell’allegro convegno, che avrebbe dovuto servir d’exemple aux gouvernements. Prima che giungesse l’ottava bottiglia, l’Alsazia era restituita, ogni ombra di timore di guerra per la quistion di Roma, dissipata, tutti i Carlisti sparsi sulla frontiera francese, ammanettati, il Lussemburgo assicurato per sempre dalle pretensioni della Germania Poi cominciarono a ballar sulla tavola Guttemberg, Goster, Michelangelo, Mendoza, Newton, il principe d’Orange, Victor Hugo, e su di loro una pioggia di quegli aggettivi da dessert rinforzati da una gorgata: divino, immenso, sublime, sovrumano. Poi, via via che cresceva la dimestichezza, ciascuno a parlare dei fatti suoi: — io sono negoziante — io giornalista — io pittore — io ho.... qualche cosa, — e l’uno domandare all’altro l’età, e dirsi reciprocamente: Lei è un bel tipo tedesco — e — Lei è un bel tipo italiano e assassinare l’uno la lingua dell’altro, e di tratto in tratto una voce che gridava: — Ma qui non si beve! — E poi, i grandi progetti e gli appuntamenti convenuti per l’anno venturo a Parigi, ad Amsterdam e a Costantinopoli, tal strada, tal giorno, tal’ora; e — badi che io ci sarò: — Lei mi scriva — vada franco — e poi un ultimo cozzo di bicchieri straboccanti, al grido di: Viva la civiltà!

A mezzogiorno salivo, vicino alla Torre di Londra, sur un bastimento a vapore che partiva per Anversa.