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luce elettrica: sono i diamanti della corona d’Inghilterra, che presentano tutti insieme il valore di settantacinque milioni di lire.


All’uscire dalla Torre di Londra, vidi per la prima volta in una birreria un ubbriaco di gin. Mi fece orrore. Non credevo che l’ubbriachezza potesse trasfigurare un uomo in quella maniera. I nostri ubbriachi di vino, o smodatamente allegri o cascanti di sonno, sto per dire che sono gradevoli a vedere in confronto di quegli uomini colla faccia stravolta e convulsa, coperta di un pallore mortale, con un’espressione di malato e di pazzo, e gli occhi spalancati e fissi come occhi di cadaveri. E si vedon quei disgraziati, così ridotti, bere ancora a gorgate quel liquore tremendo, stramazzare come gente fulminata, picchiare sconciamente il capo nei muri e nei tavoli, e insanguinarsi il viso; e i presenti assistere alla scena ridendo.


Ma una vista che per le strade e nei parchi di Londra mi compensava del brutto spettacolo degli ubbriachi, era la vista dei bambini, quei cari bambini inglesi che godono meritamente la fama di essere i più gentili e i più freschi del mondo. Dal color d’oro della lira sterlina fino al piombo cinereo della seta più chiara e della fresca barba d’una panocchia di granoturco, si vedono capelli di tutte le sfumature di biondo, cascanti in larghe onde lucide che mettono la tentazione di darci una forbicciata passando. Guancine poi di tutte le gradazioni del color di rosa, dalle foglie pallide che vestono il fiore alle piccine voluttuose che fanno all’amore col pistillo; boccuccie purpuree da far meravigliare che gli uccelli non se le becchino; pupille celesti e candori da metter vergogna ai putti che svolazzano intorno alle Concezioni del Murillo. Se non ho portato via una bracciata di questi bimbi, è proprio perchè non li sapevo dove mettere. Ma non ebbi la forza di resistere a un’altra ten-