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Come a te l’ago e il fil, permise Iddio.
Sovr’essa io l’ingegnosa
Tela distendo degli affetti miei,
E il sottile dei carmi arduo lavoro
A le sue corde affido.
Ma come l’onda che si rompe al lido,
S’agita nel mio cor l’anima inquieta,
Chè di serena e lieta
Tranquillità non diemmi il ciel tesoro,
E fo molle di pianto il mio lavoro.
O gentile operaia, a te di lunghe
Albe si vesta il cielo,
E a lunga giovinezza Iddio ti serbi!
Negl’ignorati, acerbi
Casi, onde afflitta è ognor la vita mia,
Te chiamerò soventi
Ad allegrar miei solitari giorni;
Nè di pallido volto o di languenti