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Luce tant’astri è per mirar nostr’ombra,
Muto, tremante e derelitto io pendo,
O ch’io deggia anzi tempo entro gli abissi
Gittar questo d’affanni e di memorie
Penosissimo incarco, o ver dal tempo
Trascinar là mi lasci ove, se cosa
Restai di noi, rider di noi potremo.
Sorger vedo a me innanzi un’incompresa
Larva di Dio, che di me stesso è l’ombra,
E fra un mar d’infecondi atomi e un suono
Che dir non sò se sia pianto o sorriso,
Come fra cielo e mar, veggio una candida
Forma nuotar, che pensierosi e mesti
Gira gli sguardi, e un’armonia diffonde
Che al suon de l’aure e al tuo parlar somiglia.
Che vuoi tu, che vuoi tu, candido sogno
Del viver mio; speranza ultima e bella
Dei giorni miei, qual porto mai, qual riva,