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Sacerdote, l’appressi, o sia che aspergi
Di doriche fragranze il patrio stile,
O ver che a le dormenti api di Flora
Con astuzia gentil sottraggi i fiori,
O che le perle de la tua laguna
A le propizie Dee volgi in monile,
Deh! se mai ti fui caro, al sacro rito
Me non ultimo accogli, e men dolente
Vita mi prega! Che se neri e torti
Fia che ne mandi il ciel sempre i destini,
Miglior senno allor fia frangere a’ sassi
L’arguta lira e il tragico pugnale,
E con la larva di Talìa sul volto
Ridere almen degli altri e di me stesso!