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Vil strumento sien fatte a l’irrequiete
Voglie e al capriccio de l’istabil Moda?
vuoi, che quanto mi mandò da l’alto
L’invisibile Genio, e la severa
Arte ridusse a non fallibil norma.
Come vecchia libbréa scorci e rimondi
Perchè sbattagli a le gibbose terga
D’un vecchio Davo, o d’un urlante Oreste?
Non dissimulo il ver: vanto non cerca
Di ritte chiome e di donneschi aborti
La mia povera Musa, e la fallace
Scena paventa, ove con acre frizzo
Di sconce salse e di stranieri aromi
Stuzzicar dee lo stomacato senso
D’egri mariti e di svagate dame.
Ben qui morto non è (volgan la punta
Le malediche lingue ad altri obietti)
Il gusto almo de l’arte: e se a le stelle