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era così ammalata ch’io venni qui ad occupare il suo posto e ad assisterla. Ma... ella non è più.

“Ella manifestò il desiderio di ricevere la cena del Signore a far la commemorazione dei suoi benefici patimenti e della sua morte. Io le dissi, del meglio che potei, che cosa era ricevere Gesù Cristo nel cuore: ma, siccome i patimenti del corpo crescevano, ella non ne parlò più. Ella sembrava quieta e rassegnata avanti di morire. Io spero ch’ella andò, da un mondo di peccati e di morte, ad esser per sempre col suo Dio.

“Mia sorella espresse il desiderio di ricevere gli onori funebri da voi. Il ministro della nostra parrocchia dove si deve portare il cadavere non può venire. Ella morì giovedì mattina e sarà sepolta venerdì o sabato (come meglio vi converrà) alle tre pomeridiane. Vi prego di mandarmi una risposta col latore della presente, onde farmi assapere se consentite alla mia dimanda.


                         “Vostra umilissima serva


“Elisabetta W.”


Rimasi colpito assai della semplicità e della divozione che abbondano in questa lettera; giacché la poca ortografia e la scrittura indicavano a sufficienza che veniva da una persona di poca educazione. Questa circostanza però fece nascere in me maggiore affezione per la persona che ancor mi era sconosciuta, poiché pareami in essa colla umiltà della sua condizione una eminente pietà. Restai molto soddisfatto d’aver trovato una corrispondente simile, tanto più che tali caratteri erano rari assai nelle mie vicinanze. Tosto io domandei chi avesse portata quella lettera.

“Un uomo che aspetta in sulla porta,” mi fu risposto.

Io uscii per parlargli, e vidi un vecchio venerando i cui lunghi capelli bianchi e il serio aspetto richiedevano più che comun rispetto. Egli appoggiava le spalle sue alla porta mentre abbondanti lacrime irrigavano il suo volto venerabile.