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“Ella non è tenebrosa.”
“Come?”
“Il mio Signore è lì; ed Egli è la mia salvazione, il mio lume!”
“Temete voi di altri dolori corporali?”
“Il Signore mi tratta assai bene; io confido in Lui.”
Cadde in una specie di convulsione, e, passato questo novello disastro, ripetè sempre più il solito:
Il Signore mi trattò assai bene. Signore, salvami... io son tua. Benedetto Gesù... Prezioso Salvatore...... Il suo sangue ci purga d’ogni peccato... Chi ci separerà?... Il suo nome è magnifico... sia... lodato... Iddio... Egli ci diede vitoria... Io!... perfino io, son salva... Oh grazia! misericordia, e sublimità... Signore... ricevi... il mio... spirito.
“Mio caro signore,... caro padre,... madre, amici, fratello, io me ne vo; ma tutto bene... bene... bene!” Ella ricadde; c’inginocchiammo per pregare. Il Signore era fra noi e ci benedisse.
Fintantochè io rimasi colà, ella non rivisse, nè parlò in modo intelligibile; solamente, dopo qualche istante di deliquio, passò dal sonno alla morte, dalla morte alla vita eterna, ed andò per sempre fra le braccia del Signore “che la trattò con tanta bontà.”
Un’ora dopo ch’ella cessò di parlare, io mi partii dalla capanna e stringendo la mano di colei che già ci abbandonava, quasi ne ricevessi novella vita, dissi: “Cristo è la risurrezione e la vita.”
Ella mi rese il saluto con una gentile e leggiera stretta di mano, ma non potè nè aprir gli occhi nè parlare. Io non ebbi mai parte ad una sì commovente scena, ella occupò intieramente la mia immaginazione.
“Addio, amica mia diletta,” diss’io fra me andando a casa, addio! finchè l’aurora d’un eterno giorno rinnuovi i nostri personali trattenimenti. Tu fosti un tizzone scampato dal fuoco: potessi tu or divenire una stella rilucente nel firmamento della gloria! Io vidi la tua luce, le tue opere, e perciò voglio glorificare il nostro Padre ch’è nei cieli. Io vidi nel tuo esempio cosa sia un peccatore gratuitamente salvato per la fede e per la grazia.