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trice. La mia ora si fa più vicina; spero di veder Cristo che è sì prezioso all’anima mia. Il vostro parlare fu sempre benedetto per me, ed ora sento la necessità d’avervi più che mai. I miei genitori vi salutano.

                    “La vostra obbediente e indegna serva


“Elisabetta W.”


Feci secondo la sua richiesta, il medesimo dopo pranzo. Arrivato alla capanna del lattaio, la moglie di questo m’aprì l’uscio. Le lagrime scorrevano rapide sull’increspato volto mentre avea chino il capo senza far motto. Il di lei cuore era pieno. Sì provò di parlare, non le riuscì. Allora, prendendola per la mano, le dissi: “Mia buona amica, tutto è bene ciò che fa il Dio della sapienza e della misericordia.”

“Oh la mia Betta! La mia cara ragazza! Ella è ridotta a sì mal partito, signore! Che farò io senza di lei? Io, che mi credevo scender nella tomba prima di lei! Ma....”

“Ma il Signore volle che vedeste, prima di morire, la vostra creatura entrar salva nella gloria! Or dica: non avvi in ciò misericordia?”

“Oh! caro signore, io son assai vecchia e molto debole, ed ella è una molto buona ragazza, appoggio e sostegno d’una povera vecchia creatura come sono io!”

Com’io mi feci avanti, vidi Elisabetta seduta accanto al fuoco, sopra una seggiola a bracciuoli, appoggiata su dei guanciali, con tutti i segni d’una vicinissima morte. Parvemi che il suo finire non potesse a lungo indugiare. Un dolce sorriso di compiacenza revvivò il volto pallido nel dirmi:

“Questa è troppa bontà, signor mio, di venir così presto dopo l’invito. Voi mi trovate ogni dì più consunta, ed io non posso star più a lungo qui. Il mio cuore e la mia carne vanno scemando; ma il Signore è la forza del mio debol cuore, ed io spero che sarà la mia dote in eterno.”

La conversazione che segue fu tratto tratto interrotta dalla tosse e dallo spossamento. Il tuono della voce era chiaro sebben debole; le sue maniere eleganti e brevi, i