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mille volte più ragione d’andarsi a trovare che Istriani e Piemontesi. Perlocchè si troverà maggiore l’annua somma dei trasporti di persone fra i varj punti intermedj, o pure tra i punti intermedj ed uno degli estremi, che tra i due opposti estremi, o tra luoghi stranieri e ancor più lontani.
Lo stesso dicasi dei bestiami e di quelle merci che si potrebbero chiamar fresche, cioè i latticinj, le frutta, gli ortaggi, il pesce, i testacei, il pollame e altre simili cose alimentari di breve durata. Le quali avendo necessità di prontissimo viaggio e per veicolo che non le riscaldi collo scotimento, costituiscono una grandissima parte dei trasporti che si fanno sulle strade ferrate. Ora esse appartengono quasi interamente al commercio interno e di piccola distanza giacchè la spesa di una lunga corsa equilibrando i prezzi toglierebbe ogni convenienza al viaggio.
È qui a rammentarsi una cosa non avvertita da molte persone che avendo nel resto lodevole cultura sono all’oscuro delle verità dell’economia politica. Nei paesi di qualche estensione la massa del commercio estero è immensamente minore di quella del commercio interno.
Gli Inglesi hanno colonie vastissime, fiorenti, diffuse fino agli antipodi, marina infinita, posizione ammirabile, capitali enormi; sono la nazione mercantile per eccellenza. Eppure Pitt ebbe a dire che il loro commercio estero era soltanto la 32 parte del loro traffico totale. È vero che Pitt era politico e non economista e voleva celare alla nazione i danni della guerra. Ma il fatto si è che tutto il valsente del gigantesco commercio di quel regno è appena il doppio delle annue contribuzioni ch’esso paga al solo governo. Nel quadriennio 1828 e 1831 il valor medio di tariffa di tutte le importazioni ed esportazioni nelle Isole britanniche fu di annui 2847 milioni di franchi. La qual somma divisa per la popolazione darebbe 114 franchi per testa all’anno. Si noti però che va crescendo con incredibile velocità; giacchè nell’ultima quadriennio 1832-1835,