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com’egli osserva, che i Romani ebbero un vasto commercio, infinite gabelle, giurisdizione amplissima, che amministrarsi non poteva senza un grand’uso nel conteggiare. Allega poi l’asserto d’Uezio (Dem. Evang. prop. 4. c. 13. n. 9) che le note Romane fossero inette alle aritmetiche operazioni, e soggiugne che le cifre da noi adoperate in oggi debbono credersi derivate da’ Romani. Ei quindi nega che venissero dall’Arabia, e suppone che il famoso Gerberto, poi sommo Pontefice col nome di Silvestro II, imparasse la dottrina de’ numeri non dagli Arabi, ma da Boezio. Noi non ci arrestiamo di più su questo articolo, ch’altri già combatterono, e che non mancò eziandio d’ardenti sostenitori. Confessiamo però, che l’addotta opinione risulta lieve troppo a confronto degl’irrepugnabili argomenti forniti dalla storia, e valevoli a convincere come le cifre moderne, inventate da’ filosofi dell’Indie, passassero agli arabi, e da questi s’insegnassero nella Spagna (Montucla l. c. part. 2. liv. 1, §. 8; Andres l. c. t. 1, c. 10.). Di là portolle Gerberto in Francia intorno agli anni 970, o 980 (Montucla part. 3. liv 1, §. 3.) e secondo alcuni, anche in Italia (Andres l. c.). Da lui sappiamo (epist. 17) il disiderio ch’ebbe d’acquistare una copia Libelli de multiplicatione et divisione numerorum a Josepho Hispano editi: il qual Giuseppe o fu Arabo d’origine, o imparò dagli Arabi l’arte sua. E questo libretto forse gli prestò alcun sussidio nella composizione del trattato de Abaco, cioè de Arithmetica, già conservato nella Biblioteca Ottoboniana, da riguardarsi, cred’io, come lo scritto latino, che prima si componesse in materia fuor della Spagna. Si sa inoltre che nel secolo XI si fissò in Italia Costantino d’origine Spagnuolo, divenuto Monaco di Monte Cassino, che fra noi dilatò il sapere degli Arabi, e probabilmente ancor l’Aritmetica, ben da lui conosciuta, siccome Pietro Diacono riferisce (V. Muratori, Dissertaz. sopra le Antich. Ital. 44). Ma più comunemente si pensa, che le cifre arabiche a noi giungessero dall’Affrica per opera di Leonardo Fibonacci, cioè figliuol di Bonaccio Pisano, di cui esiste nella Magliabecchiana in Firenze un codice ms.