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intende Giornale o Diario, fondato ad un passo d’Asconio Pediano, secondo il quale solevano i Romani notare in ciascun giorno i proprj redditi e l’escita1. Nè questo era forse diverso dal Calendario, mentovato pur da Seneca2, maniera di libro in forma di rotolo, che dal volgersi acquistò la denominazione di volume, come spiega Erasmo (ad Senec. l. c.), e di cui si valevano specialmente gli usuraj, che ritraevano i frutti del danajo alle calende: onde appunto si chiamò Calendario (V. Lipen. Strenar. hist. c.4, §. 13).
Ma più diveniva importante l’ufficio di questi numerarj o tabellarj o attori delle somme, quali si citano da Svetonio (in Domitian. 11), per tener conto dell’entrata pubblica, dell’erario fiscale, delle gabelle. Intorno a questi si può consultare il Codice di Giustiniano (12, 30). Egli è perciò, che fra gl’italiani non cessò di coltivarsi l’aritmetica ne’ secoli bassi, allorchè gli altri studj giacevano dimenticati o negletti, siccome n’è riprova l’averne il Re Carlo Magno nell’anno 787 condotti seco d’Italia i maestri, destinati ad erudirne i francesi suoi (Tiraboschi l. c. tom. 3 l. 3, §. 12). Ed un tale insegnamento si continuò in que’ secoli anche in altre parti d’Europa per opera speciale degli Ecclesiastici, come ne dimostra il dottissimo Signor Professore D. Severino Fabriani (sull’immortale benefizio dagli Ecclesiastici recato alla Letterat. part. 2. §. 3. e 4. V. Mem. di Relig. Tom. 18, pag. 500 e seg.).
Dalle cose fin qui dette siamo inclinati ad arguire senza ritegno, che agli Antichi non fu disagevole il conteggiare colle lettere loro. E quanto a’ Greci, questa verità ne
- ↑ Moris fuit unumquemque domesticam rationem sibi totius vitae suae per dies singulos scribere, quo appareret quid quisque de redditibus suis, quid de arte, foenore, lucrove seposuisset quoque die, et quid item sumptus damnive fecisset (Ascon. ad 3. Verr.).
- ↑ Divitem illum putas..... quia magnus Kalendarii liber evolvitur (epist. 87)