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in vita Constant. II, 60)1. Peggio fece il Tanini (Suppl. ad Bandur. p. 274) agguagliando in certo modo ad Alessandro Severo e ad Adriano il buon Costantino, perchè nelle sue monete gentilium superstitionis et Christianae Religionis portentosa confusio reperitur, ubi Crux et Christi monogramma cum ethnicorum idolis consociantur. Ma cotale pretesa portentosa confusione non sussiste che nell’immaginazione del poco accorto Tanini, come vedremo in appresso; o tutto al più attribuir dovrebbesi ad un arbitrio di qualche men circospetto operaio delle antiche officine monetarie. Anche il dotto Francese Feuardent, che di recente trattò questo importante subbietto (Revue num. 1856 p. 247-255), non rettamente conchiuse, che «i segni del Cristianesimo non veggonsi comparire sopra le monete portanti l’effigie di Costantino Magno se non che in sulla fine del suo impero; e che in sino a quell’epoca esclusivamente le divinità del paganesimo sono rappresentate

  1. Non saprei nè manco lodare il rimandare che fece l’Eckhel il suo lettore all’opera eruditissima dell’inglese Gibbon (p. 90) per ciò che riguarda la celebre apparizione della Croce a Costantino Magno ed al suo esercito, che movea contra Massenzio. Senza dire del pensare irreligioso del Gibbon, egli si mostra di sovente scettico e assai poco critico. Basti pure avvertire, che quel filosofante Inglese mostra non voler prestar fede alla realtà del titolo di Re delle genti Pontiche dato da Costantino Magno al suo nipote Anniballiano, non ostante che vi siano monete di lui con la scritta FL HANNIBALLIANO REGI; e ch’egli, contra le testimonianze concordi degli antichi scrittori, sospetta, che Fausta si sottraesse al supplizio, e ci vivesse tuttora nel 340, senz’altro appoggio che della supposta Monodia per la morte di Costantino giuniore, che il Wesselingio avea dimostrato essere stata scritta in morte di Teodoro Paleologo a mezzo il secolo xv (Anonymi orat. fun. ed. Frotschero).