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)( SPES PVBLICA, scritto da lato al labaro, sormontato dal monogramma , posto ritto sì che dalla sua cuspide inferiore resta trafitto un grosso serpe a mezzo il corpo; nell’esergo CONS. Æ. iii.
L’autenticità di questo raro ed insigne nummo, già edito dal Du Cange e dal Bandurio (t. ii p. 213, 300), ne viene accertata dall’Eckhel (t. viii p. 88), che ne vide un esemplare integerrimo nel museo del principe di Waldeck, e dal Tanini (p. 275) che altro ne possedette. Il tipo, che insieme con l’epigrafe ne dimostra come la speranza pubblica era riposta nel trionfo della Religione Cristiana sopra l’antico avversario dell’uman genere sconfitto da Cristo S. N., confronta pienamente col detto di Eusebio (Vita Const. i, 31: iii, 3), che narra come il labaro consisteva di una lunga asta dorata, nella cui sommità era infissa una corona fatta d’oro e di gemme preziose col simbolo salutare nel mezzo; e come Costantino fece collocare nell’atrio del suo palagio un dipinto rappresentante lui medesimo col segno salutare sovrastante al duo capo, e con sotto i suoi piedi il demonio in forma di drago trafitto da una cuspide a mezzo il ventre, βελει πεπαρμενον κατα μεσου του κυτους. (cf. Const. orat. ad sanctor. coetum c. 20 )1.
- ↑ Costantino Magno nell’editto suo a favore del Cristianesimo promulgato nel 323, e nell’epistola a Sapore re di Persia (Euseb. in vita Const. II, 24, 26, 28, 29: Theodoret. H. E. I, 25) ricorda più volte la speranza salutare della cosa pubblica riposta nel trionfo della Religione Cristiana da sè difesa e promossa. Nell’epistola diretta ad Eusebio e agli altri vescovi di Palestina (Euseb. in vita Const. II, 46) egli ricorda la Provvidenza Divina, che per opera sua rimosse dal governo della cosa pubblica il dragone, cioè Licinio ed il demonio, del quale era colui tristo ministro (cf. Euseb. de laud. Const. c. 4, 6, 9).