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sopra le monete di quel Principe». Il ch. Feuardent mostra avere in ciò seguito il parere del dotto suo connazionale Bimard; ma non dovea ignorare, che l’Eckhel (p. 79) ebbe già dimostrato con argomenti convincenti, che le monete di Costantino dall’anno 323 in appresso non offrono più verun tipo o simbolo relativo alle superstizioni gentilesche. Chi ben consideri pertanto le monete di Costantino, e de’ suoi figliuoli, di leggieri si persuaderà, che quel saggio Augusto, fino a che ci vissero i suoi emuli ed avversari, tollerò nell’impressione delle sue monete le imagini delle deità pagane; poscia divenuto arbitro e signore di tutto l’orbe Romano con la sconfitta e la morte di Licinio nel 323, del tutto ne le sbandi, sostituendo ad esse le gloriose sue imprese militari e civili, e probabilmente anche qualche simbolo Cristiano; e da ultimo, dopo di avere fondato una novella metropoli dell’impero (giacché l’antica col suo senato quasi tutto pagano ostato avrebbe allo stabilimento di un Impero assolutamente Cristiano), pose nelle sue monete, e in quelle altresì de’ Cesari suoi figliuoli, il sacrosanto monogramma di Cristo ed altri segni della vera Religione da esso lui assai prima abbracciata e professata.

Altri per l’opposito opinarono, che le monete di Costantino Augusto aventi nel riverso le imagini e i nomi idolatrici di Giove, di Marte, d’Ercole e del Sole invitto, cessassero di coniarsi fin dall’anno 312, nel quale egli abbracciò la Religione Cristiana. Ma, come avverte l’Eckhel (p. 78), una moneta di Costantino console per la quarta volta, e perciò impressa non prima del 315, porta nel riverso l’imagine del Sole stante con la d. alzata e con globo nella s. con attorno la scritta SOLI INVICTO COMITI: e Giove Conservatore con altre deità gentilesche segue a comparire nelle monete di Crispo