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un vestito per fare un regaluccio a questo mio nepote; mi ha promesso di metter voglia di studiare.

La voglia andrà avanti lo studio, si fermerà sulle rocche di Barberia.

— È un benedetto ragazzo, una ne fa, l’altra la pensa: me l’hanno sviato i cattivi compagni.

— Tutta colpa de’ suoi genitori!

Come!!!

— Precisamente! Se ai primi capriccetti lo ammonivano per le buone (il timore è da vaccai) anzi che dargliele tutte vinte, il bambino, a pochino alla volta si correggeva.

Questi benedetti genitori, tutti compagni, non sanno loro che ai ragazzi a dargli il ledro1 si rovinano moralmente, e se non si fa così, addio mimengoi2.

Lo studio è un osso duro a rodersi e senza sugo di buona volontà lo sformato non viene di contorno nitido, sarà sempre un pasticcio, e i pasticci, caro signore, rovinano lo stomaco e arruffano le idee alla gioventù!

Eugenio, cosa potrei comprare per fare un presente alla mia amica Annarosa?

— Uno scialle di tarlatana.

Non mi parlate di tarli per l’amor di Dio!

— Più tarlo dello scapato di mio fratello... ve lo dò in tre volte a trovare l’uguale.

Egli crede che la vita sia una cuccagna e dei danari ne fa a rifascio! Che la duri!

— Dunque?

Scelga lei.

  1. Tutte vinte
  2. vale, addio educazione.