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DELL'INGEGNERE MILANI | 291 |
cose siano manifestamente prese da altri progetti, e i migliori disegni siano opera dei subalterni.
Mi arresto perché non è il mio proposito e perchè accenno solo quanto basta per far vedere che il sacrificio, che la Direzione sta per fare della sua autorità e della sua considerazione e della sua posizione legale, viene realmente fatto alla chimera d’un’eccellenza che non esiste».
La mattina 21 agosto il dott. Cattaneo scrisse al presidente:
«Rimangono alcune pendenze ec. ec. Siccome si tratta d’incarico di confidenza, amerei di poterlo ad ogni buon conto ultimare prima che la mia firma passasse ad altri… Ho veduto il sig. avvocato Robecchi, e ne ho sentito con dispiacere che la Sezione ha rinunciato alla conferenza, che saviamente aveva risoluto di tenere secolui. — Mi duole di veder questa bella impresa gettata per sempre fuori della rotaja della legalità, in balia della convenienza giornaliera. Dal lato mio ho fatto il mio dovere; e non me ne pento, quando considero che ad ogni modo chi si divide da me non potrà negarmi il testimonio della sua stima».
La sera del 21 agosto fu segnata la dimissione, che venne inviata il 22.
Nella risposta del dott. Cattaneo, del 23 si legge:
«Io mi fo dunque rispettosamente a protestare contro questo atto di dimissione, e dichiaro essere mio fermo proposito di sottomettere le difficoltà all’Autorità governativa incaricata della tutela e della vigilanza sulle Società Anonime, con questa mente, che, se essa Autorità Governativa mi autorizzerà particolarmente ad operare in contrarietà allo statuto, io, trovando cessata la causa d’illegalità da me allegata nelle sedute 4 corrente a Verona, e 8 corrente a Milano, potrò prestarmi a obedire agli ordini così legalizzati dei Direttori; in caso diverso mi comporterò in quel modo che mi verrà dalla superiore saviezza prescritto».
A questa mia minaccia non diedi poi corso; perché porto opinione che, quando si è fatto ciò che si deve, bisogna lasciar pensare a chi tocca; e questo in fine non era affare mio, o in quanto era affare mio non me ne importava più che tanto.